L'ansia è un'emozione attivante, che genera segnali di allerta: il cuore accelera, si sente oppressione al petto, sudorazione, vertigini, aumento della temperatura corporea, nausea, nodo alla gola.. Tutte queste variazioni neurovegetative ricordano sensazioni di paura, ma si parla di ansia quando non c'è un reale pericolo esterno. Lo stato ansioso viene generato da una minaccia futura, non ben definita o non ancora presente. Se gli indicatori fisici vengono considerati erroneamente questa emozione può compromettere le attività quotidiane (disturbo d'ansia) o addirittura le reazioni di allarme possono essere scambiate per imminenti catastrofi fisiche o mentali (attacco di panico). La nostra capacità di comprendere i segnali corporei e attribuirvi un significato ci permette di gestire questa emozione, consapevoli che la sua intensità è destinata a diminuire senza portarci alla pazzia o ad avere un attacco cardiaco.
I disturbi di ansia sono molto diffusi, spesso basta parlarne con amici e conoscenti per farsi consigliare qualche rimedio calmante per affrontare il momento di difficoltà. Il ricorso ai farmaci però consente un sollievo momentaneo dalla manifestazione sintomatica, non può essere considerato una soluzione. L'ansia è generata dai nostri pensieri, dall'idea di non riuscire a gestire una situazione che viene interpretata come catastrofica per la nostra sopravvivenza fisica, mentale o per la nostra immagine sociale; il farmaco non potrà certo modificare i contenuti dei pensieri e gli schemi personali che guidano le nostre azioni. In alcuni casi il farmaco può essere utile, se non necessario, aiuta ad esempio ad alleviare le sensazioni per favorire una collaborazione ed iniziare un lavoro psicoterapico, strada che in alcuni casi non si riuscirebbe a percorrere per il troppo malessere.
Un cambiamento solo a livello chimico non può essere efficace, senza contare che al termine dell'assunzione si arriverà quasi inevitabilmente ad una ricaduta.
I disturbi d'ansia hanno una scarsa remissione spontanea, si necessita dell'aiuto di un esperto per poterli trattare adeguatamente; le ricerche hanno dimostrato che la terapia cognitivo comportamentale è l'intervento con maggior efficacia clinica per questo tipo di patologie, sia per le percentuali di risoluzione sia per il numero di ricadute a lungo termine.
Solitamente si arriva ad una terapia dopo aver già provato a mettere in atto strategie di protezione, quali l'evitamento o il rimuginio, queste modalità però creano un circolo vizioso che allontana dall'evento temuto, sia col pensiero che con le azioni; tenerlo lontano dalla coscienza lo rende impensabile, sconosciuto e per questo sempre più spaventoso. Si arriva addirittura ad aver paura della paura, e il timore sproporzionato di poter risperimentare una sensazione di minaccia passata può condizionare le nostre scelte di vita. L'ansia è un'emozione necessaria e protettiva e per questo va normalizzata. Un percorso personale consente di avere le corrette informazioni su quest'emozione tanto temuta, sulle sue manifestazioni fisiologiche e psicologiche.
La fase di psicoeducazione può ridurre le interpretazioni catastrofiche; riconoscere i segnali corporei permette di acquisire maggior padronanza ed imparare a tollerarli senza spaventarsi sapendo che sono destinati ad estinguersi da soli dopo poco, senza dover per forza allontanarsi dalla situazione.
Identificare pensieri e interpretazioni erronee che generano questo circolo vizioso con un percorso cognitivo, consente di ristrutturare modelli distorti che non permettono di padroneggiare i propri stati interni.
Il terapeuta deve occuparsi anche della parte comportamentale e guidare il paziente verso un'esposizione graduata per affrontare le situazioni temute. Sviluppate le capacità di rilassamento muscolare e di controllo della respirazione bisogna mettersi alla prova con tecniche espositive, enterocettive e di esposizione in vivo. La sperimentazione favorisce la conoscenza di sè e dei propri schemi interni, conferma la capacità di problem solving, aumenta il senso di autoefficacia ed aiuta a sentirsi meno in balia degli altri e delle situazioni, con la riacquisizione di un senso di libertà personale. Non fuggire permette di comprendere che la paura può aumentare per poi ridimensionarsi, consente di liberarsi da un'immagine fragile che rimanda incapacità di farcela da soli.
Se la tendenza personale è quella di vivere l'emozione di ansia in modo dominante rispetto ad altri stati emotivi, nei momenti di stress, di difficoltà o di cambiamento, sarà facile sentirsi nuovamente vulnerabili, ma l'aver imparato ad identificare i segnali di allarme ed aver lavorato su di sè e sulle modalità di fronteggiare questa emozione, permetterà di riconoscere ed evitare più facilmente possibili ricadute.
Dr.ssa Lucia Manzini
Psicologa Psicoterapeuta
a Genova
Psicologa Psicoterapeuta
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Iscritta all'Ordine degli Psicologi della regione Liguria n. 07/1599 del 7/11/2006